Canyon de Chelly – Una bellezza nascosta

Flussi ininterrotti di turisti hanno visitato negli anni il Parco nazionale di Yellowstone, la Monument Valley, il Grand Canyon, Bryce e Zion. Ad oggi, invece, il Canyon de Chelly è rimasto al riparo dai tour turistici di massa. Solo un paio di centinaia di migliaia di visitatori hanno incluso nei loro itinerari una tappa al Canyon de Chelly nella loro esplorazione degli Stati Uniti sudoccidentali, questo dice l’ultimo rilevamento, mentre allo stesso tempo, ogni anno, circa 5 milioni di persone visitano il Gran Canyon. Il dato colpisce ancora di più, se si considera che questo Canyon dista meno di cento miglia dalla Monument Valley, che, tradotto in tempi di percorrenza in auto, vuol dire meno di due ore. A Chinle, a pochi minuti in auto dall’uscita del Canyon, è possibile inoltre trovare moltissimi hotel, motel, ristoranti e catene di fast food. Per quei viaggiatori più avventurosi, che si muovono in camper o con “zaino in spalla”, è inoltre disponibile un’area di campeggio nel parco di Cottenwood. È invece proibito darsi al campeggio non regolamentato e alle escursioni. Il Canyon de Chelly ricopre quindi, a torto, un ruolo secondario… il che tuttavia non è per forza un male.

Nell’anno 1931 al Canyon è stato assegnato lo status di National Monument, e sin da allora è divenuto noto con il nome di Canyon de Chelly National Monument. Lo stesso nome “Canyon de Chelly”, che si pronuncia “kɛnjən dəˈʃeɪ”, è di origine indiana e vuole dire “Canyon di pietra”. La gestione del parco è affidata sin dagli Anni Trenta al National Park Service, sebbene esso appartenga interamente agli indiani navajo. L’accesso al Canyon de Chelly è garantito ogni singolo giorno dell’anno, eccetto il Thanksgiving, 25 dicembre, 1 gennaio e, a differenza che negli altri parchi, è completamente gratuito.

Per oltre 5000 anni il Canyon de Chelly è stato abitato ininterrottamente, un record vero e proprio tra gli insediamenti in tutto l’Altopiano del Colorado. L’intera area nota con il nome di Canyon de Chelly National Monument è composta dal “Canyon de Chelly”, il “Canyon del Muerto” e il “Monument Canyon”. L’intera superficie, che è pari a circa 340 Kmq, corrisponde quasi al doppio dell’estensione di Milano, mentre la lunghezza di 40Km ne fa il Canyon più lungo in assoluto.

Photo: Markus Kohler

Prima di inoltrarsi per scoprire il Canyon de Chelly, è consigliabile passare al centro visitatori che si trova proprio accanto all’ingresso. Ci sarà un park ranger in grado di fornire informazioni precise sulle previsioni meteo, su come equipaggiarsi in maniera adeguata, su quali sono le scorte da portare con sé e quali i sentieri accessibili. Alcune aree offrono un punto di osservazione privilegiato sul lavoro degli indiani artigiani: si tratta dei navajos, una delle 15 tribù indiane insediate in Arizona, che vivono nel Canyon de Chelly a un’altitudine di 1700m. Questi, esattamente come i loro antenati, vivono di allevamento e della coltivazione di cereali e frutta. Si tratta di aree non accessibili ai turisti in nessun caso, se non accompagnati da una guida. Per arrivare al Canyon de Chelly vero e proprio occorrono un Backcountry Permit (permesso) e una guida navajo, i cui prezzi sono variabili. Di solito è possibile intraprendere tutto l’anno tour in macchina, a cavallo e a piedi, ma sottoposti a restrizioni, anche improvvise, per eventuali allerte meteo.

Per attraversare in macchina North e South Rim Drive, nonché per percorrere a piedi il White House Trail, non è necessario disporre di un Backcountry Permit né essere accompagnati da una guida navajo. Il South Rim Drive è la meta più adatta se si desidera visitare tutte le attrazioni principali. La distanza completa, da un estremo all’altro, è di 37 miglia. Tre ore sono quindi sufficienti per percorrerlo effettuando le soste dovute godendo appieno del paesaggio e della natura.

Photo: AZ Office of Tourism

Il White House Trail, un anello lungo circa 2,5 miglia con un dislivello di 200m, è fortunatamente accessibile a chiunque desideri effettuare questa passeggiata. È consigliata in particolare un’escursione partendo dall’altopiano per addentrarsi in profondità nel cuore del canyon. Dal punto panoramico White House Overlook, un sentiero ben definito, ma al contempo molto ripido, conduce fino alla superficie piana in fondo: da qui, si cammina ancora un quarto d’ora abbondante per arrivare alle White House Ruins, un piccolo insediamento scavato nella pietra, probabilmente costruito circa 1000 anni fa al tempo degli indiani di Pueblo, detti anche indiani anasazi. La roccia bianca utilizzata per la costruzione della casa superiore ha dato il nome a questo insediamento e le tracce rinvenute fanno pensare che, già 5000 anni fa, il canyon fosse abitato almeno su base ciclica stagionale. I visitatori oggi possono osservare le rovine solo da una certa distanza e attraverso un reticolato che le recinge, conseguenza degli atteggiamenti poco rispettosi di molti turisti che negli anni ’50, arrampicandosi sulle rovine, le hanno danneggiate con graffi e incidendo le loro iniziali. Tutti comportamenti che sono adesso oggetto di pesanti sanzioni.

Il Canyon de Chelly ha alle spalle un passato piuttosto movimentato e una storia di cambiamenti. Circa 700 anni fa, la maggior parte degli indiani di Pueblo, che da qualche secolo abitavano la regione, se ne allontanò in seguito all’abbattersi di diverse malattie e all’esplodere di conflitti intestini. In seguito, intorno al 1300, prima gli hopi, e poi gli indiani navajo, seguiti da altre tribù, colonizzarono il canyon, e vi portarono greggi di pecore e capre, oltre a iniziare a coltivarvi i campi. Essendo il Canyon de Chelly attraversato dal Chinle Wash, non fu difficile provvedere all’irrigazione delle coltivazioni, il che rese i campi di mais e le coltivazioni di peschi noti in tutta la regione, e oltre. Alla fine del 1700, a porre fine alla quiete e all’isolamento fu lo scoppio di agitazioni tra le diverse tribù, nonché l’arrivo dei colonizzatori spagnoli. Una parte degli indiani navajo rimasti trovò riparo tra le montagne frastagliate, ma non poté impedire, più tardi, che la cavalleria statunitense, gli spagnoli e i messicani individuassero i loro nascondigli. L’accesso al canyon venne bloccato, le piantagioni e i campi furono distrutti, il che finì per generare una grossa carestia. Una volta abbattuta l’ultima frangia di resistenza, i coloni deportarono o, in alcuni casi, uccisero a freddo gli ultimi indiani navajos. Si tratta di un capitolo tristissimo, e spesso troppo poco noto, della storia degli Stati Uniti del tempo, testimoniata nel Canyon de Chelly anche dalla presenza dello Spider Rock.

Photo: Explore Navajo

Due gigantesche guglie naturali di arenaria rossa, alte circa 240m, che secondo i geologi risalgono a circa 230 milioni di anni fa, si stagliano contro il cielo blu dell’Arizona e sono visibili anche da lontano. Secondo certi antichi miti, la sommità era abitata da una misteriosa donna ragno, che insegnò agli uomini l’arte della tessitura. La stessa donna ragno divorava senza alcuna pietà i bambini stolti, dopo averli intrappolati nella sua rete.

Nel caso il tempo a disposizione fosse sufficiente e ben organizzato, consigliamo, dopo essere tornati verso il centro visitatori, di guidare su fino a North Rim Drive per visitare altri posti certamente degni di nota. Tra questi, tristemente noto, è Massacre Cave dentro Canyon del Muerto, dove, come si evince dal nome, avvenne un autentico massacro, sanguinario e a senso unico, in cui persero la vita tutti e 115 gli indiani navajos che lo abitavano. Nel 1805, una spedizione militare spagnola si imbatté in un gruppo di indiani impegnati nella caccia. Il capo spedizione, il luogotenente Antonio Narbona, fece uccidere tutti gli uomini e rese schiavi 33 altri indiani, tra donne e bambini. Divenne tristemente famosa anche una coraggiosa donna navajo, che, nella disperazione, si avvinghiò a un ufficiale spagnolo per lanciarsi giù dalle cime alte 300m, portandosi dietro l’uomo.

Il Canyon ha tuttavia conosciuto anche giorni meno grigi e tempi più lieti, essendo stato individuato come sipario naturale di rara bellezza da diversi produttori cinematografici di Hollywood. Sotto la regia di J. Lee Thompsons, proprio qui è stato girato nel 1969 il film western “Mackenna’s Gold” con Gregory Peck, Omar Sharif, Telly Savalas ed Edi Wallach come protagonisti.

Il Canyon de Chelly è un’autentica oasi di pace, al riparo dai flussi turistici di massa. Se non fosse per i punti di osservazione, che vedono le auto parcheggiate dei turisti, e di recente per le indiane vestite con i costumi del tempo intente a vendere i loro gioielli realizzati artigianalmente, si avrebbe la sensazione di star viaggiando nel tempo. Con un po’ di fortuna, e muovendosi discretamente, è possibile anche osservare i bimbi navajo intenti a giocare e a ridere. Il silenzio è d’obbligo, poiché per i navajos si tratta ancor oggi di un luogo che mantiene la sua sacralità.

Informazioni

Per arrivare al Canyon de Chelly National Monument, l’aeroporto più indicato è quello di Phoneix, in Arizona, oppure Albuquerque, in New Mexico, per poi proseguire con un’auto a noleggio, che vi consigliamo di prenotare prima della partenza.

Da Phoenix, percorrete la Interstate 17 verso nord, proseguendo in direzione Flagstaff sulla Interstate 40 East e Highway 191 Nord. Da Albuquerque, occorre prendere la Interstate 40 West fino a Gallup, proseguendo sulla Highway 491 Nord e 264 West, fino alla Highway 191 Nord. Proseguite sulla Hwy 191 fino a Chinle..

Canyon de Chelly National Monument, 3 miglia a est della Highway 191 sulla Route 7, Chinle, AZ 86503
Tel.: 928-674-5500 * www.nps.gov/cach/index.htm

Il centro visitatori è aperto ogni giorno (eccetto Thanksgiving, il 25 dicembre, il 1 gennaio) dalle ore 8:00 alle ore 17:00.

Vi ricordiamo che non è permesso fotografare gli indiani e i loro insediamenti. Solo chiedendo in anticipo è possibile che gli stessi si rendano disponibili per una foto in cambio di una piccola offerta.


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